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Eventi e speciali

La chiae te oru

La chiae te oru

Pino Tarantino presenta il suo libro

Informazioni utili

  • Categoria: Pubblicazioni
  • Data: 23/11/2018
  • Dove: Leverano
  • Indirizzo: Biblioteca Comunale - Via Sedile, 18
  • Orario: 18.30

La chiae te oru

Musicaos Editore

Dialogando con il sindaco di Leverano Marcello Rolli, in una serata condotta dalla giornalista Maria Claudia Minerva, introdotto da Francesco Sandrino Ratta (Presidente Ute Salento) e Luciano Pagano (editore), con letture a cura di "Anonimi Salentini" e musica a cura di "Officina della Musica".

L'autore. “Sono nato il 24 gennaio 1959, a Sannicola (Le). Cresciuto in una famiglia di contadini, la cui semplicità, il rispetto e la disciplina, sono stati il collante di un percorso che mi ha portato ad amare tutto ciò che la mia terra con i suoi valori, le sue tradizioni, la sua storia, mi ha donato. Il nostro dialetto identifica semplicemente il nostro modo di essere, individuabile nelle persone più semplici, nelle gesta più genuine, che resistono all’avanzare di un modo di vivere frenetico dettato dalla smania di primeggiare. Così ho cercato di custodire in versi ciò che il tempo ci ha fatto dimenticare, come le persone, i rapporti, la cura della nostra amata terra: tutti valori che molti non sanno di possedere o fanno finta di non aver mai avuto. Mentre proprio la semplicità e la genuinità lasciateci in eredità dai nostri nonni sono una cura, in quest’epoca di freddi rapporti sociali, dove tutto è permesso e nessuno è innocente o colpevole. In sintesi, con i miei umili versi, amo identificarmi in quelle persone che hanno vissuto i periodi più belli della nostra vita e che resteranno scolpiti nel cuore di chi come me ama le proprie radici”.

Il libro. A proposito del dialetto o della qualsivoglia lingua dialettale, nella maggior parte dei casi, si è sempre trattato di una “lingua parlata”, senza un codice genetico di scrittura ad essa riferita. Nei tempi, comunque, questa stessa lingua è stata rimodulata, rivisitata in alcuni vocaboli che hanno assunto forma verbale e cadenza differenti; ma tutto ciò non è riconducibile ad un unico, vero e proprio vocabolario grammaticale, scritto e quindi osservato nello scrivere l’idioma dialettale. Tutto ciò che si può esprimere verbalmente non sempre si può codificare in una grammatica univoca secondo un dettato che di fatto non esiste, se non riveduto di quando in quando da chi può credere che alcuni termini dialettali debbano essere scritti come essi stessi intendono. Perciò penso che accettare l’espressività dialettale impressa nella scrittura che può e deve essere diversa, sia il segno distintivo della nobiltà posta nel rispetto della cadenza parlata, che a volte cambia di molto, anche tra paesini confinanti. Unitamente agli effetti e a un rispetto propedeutico a essi, la mia intenzione è quella di imprimere nei versi ciò che abbiamo smarrito, la vita semplice di una volta, con tutto ciò che ne derivava, le persone, le loro gesta, il modo di convivenza umile, semplice, senza imposizioni di sorta. La nostalgia di un periodo che inconsapevolmente vive in ognuno di noi, e che inesorabilmente scompare.


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