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Salentonline.it - Il portale del Salento - Fabio Petrelli - La città di cenere. Vite al margine
Eventi e speciali
Fabio Petrelli - La città di cenere. Vite al margine
"...mendicanti e barboni quindi come portatoti di quella memoria collettiva e individuale persa, di quel "centro", di quella coscienza culturale smarrita."
Informazioni utili
- Categoria: Mostre e mostre mercato
- Dal 03/04/2010 al 17/04/2010
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Dove: Massafra
- Indirizzo: Enoteca Ristorante Falsopepe
- Costo: accesso libero
- Organizzatori: Melania Longo
- E-mail: falsopepe@libero.it
La mostra dal titolo: La città di cenere: vite al margine , esposizione ideata dallo stesso artista, si relaziona in maniera netta all’ultima mostra di fotografia (effettuata nell’aprile 2009 presso i locali dell’enoteca Falsopepe a Massafra) sulle tema delle Periferie Urbane.
Il nostro secolo si caratterizza per l’emergere di una nuova coscienza culturale e storica che si fonda sul concetto di decentramento, spostamento dal centro alla periferia. Esilio è il temine che più qualifica questa coscienza collettiva e individuale. Esilio come estraniazione. Negli ultimi venti anni abbiamo assistito all’emergere di fenomeni del tutto nuovi: nomadismo culturale, flussi migratori e aumento della nuova povertà che alludono al vuoto, alla perdita di uno spazio definito e conosciuto.
L’argomento centrale delle nuove 44 fotografie, nasce proprio dall’esigenza di dover ispezionare la città, il suo vuoto, l’iniquità e i suoi punti nevralgici di passaggio giornaliero dove però è possibile scorgere l’aspetto forse più perturbante delle metropoli: “i senza dimora”. Il viaggio simbolico che F. Petrelli affronta si viene a compiere nella dimensione urbana contemporanea e ha un incidere dinamico: non più il viaggiare risoluto verso orizzonti nuovi e ignoti, ma, un eloquente quanto malinconico viaggio nelle proprie città per poter scorgere e fissare attraverso l’uso della macchina fotografica, tutto ciò che è stato indifferentemente omesso e calpestato, vite comprese. Mendicanti e barboni quindi come portatoti di quella memoria collettiva e individuale persa, di quel “centro”, di quella coscienza culturale smarrita.
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