Questo portale non gestisce cookie di profilazione, ma utilizza cookie tecnici per autenticazioni, navigazione ed altre funzioni. Navigando, si accetta di ricevere cookie sul proprio dispositivo. Visualizza l'informativa estesa.
Esposizione personale di Paride Pino
Euforia ed Estasi del guerriero
L’inaugurazione prevede l’intervento di Fabio Siciliani
Dal testo della critica d’arte Eliana Masulli: “L’urlo primordiale delle opere a carboncino su carta proposte dall’artista, sembra sostare poco nella definizione di un’espressività conclusa, quasi a voler cercare, subitaneamente e altrove, un senso abbandonato a terra da un dio sconosciuto e silenzioso, interpretato nella pura metamorfosi di un’anima che si fa carne, e mai viceversa. Il gesto è istintivo ed elimina l’equivoco di rievocare ogni formalismo: il neonato scopre la luce, urla e continuerà a farlo ogni qualvolta sentirà l’esigenza di comunicare un bisogno, un’emozione, un puro atto del suo esistere al mondo. Paride Pino afferma: cosa urliamo? Credo, la nostra volontà di lottare per vivere. L’urlo è di colui che non ha ancora paura di nulla. Munch stesso celebrò nel suo Urlo la nascita di un’arte mossa dal desiderio di rivelarsi all’altro, ma in Serie 1 l’intenzionalità muove guerra esattamente a “quell’altro”, rapito da un medusa e pietrificato sul nascere di un’emozione ostile al coraggio; perché di fatto, in Serie 1, si pietrifica chi teme e non riesce più ad urlare. Infatti la verità di questa euforia, di un urlo, non trova una definizione nell’ essere in torto o meno; è semplicemente quel che è, senza maschere. È bene precisare che Serie 1 tende a scansare il parallelismo verità-menzogna, che normalmente cade nella trappola di forzare entro una maschera l’idea stessa di una menzogna, o meglio di un volto da Giano. In verità la maschera nasce in sé totemica e sublima il mondo della materia e della fugacità.
La maschera è totemica quando risolve nel Tutto le qualità disperse del molteplice. E ancora, proprio nella maschera, il guerriero ritrova la forza di non credere ad altro, se non in se stesso. Ecco, dunque, che questo archetipico strumento diviene rituale seppur di passaggio, indossato, ornato, esibito quando lo spirito anela alla necessità di ribaltare il ritmo serrato dei sillogismi; e quando la maschera di un guerriero cade, se cade, mostra solo il primo, assoluto suono, che una bocca è in grado di articolare senza coscienza: un urlo, di vittoria o di resa. L’euforia di un urlo riesce a cristallizzare solo così l’unica verità priva di coscienza e spoglia di pensieri raggomitolati nella perseveranza di un uso logico di parole: il logos tanto decantato da un' arte seriale, quale sputo in faccia alla propaganda di sistema, si fa in mille pezzi.
Il diamante riflette tutta la luce, così come il carboncino trattiene tutti i colori, Serie 1 sfida l’estetica di un bello o di un brutto, divenendo specchio entro cui riflettere se stessi in un’esperienza a tratti mistica, a tratti magmatica; è questo che incute timore, non la smorfia, non la deformazione, non il suono stridulo, ma l’attimo in cui l’uomo, nella sua assidua rivolta, trova spazio per accogliere quel dio silenzioso e, somigliandogli, terrorizza chi in lui riconosce il sacro”.