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Eventi e speciali

Moresca del Sud

locandina

Musical afromediterraneo

Informazioni utili

  • Categoria: Teatro / Spettacoli
  • Data: 25/05/2014
  • Dove: Lecce
  • Indirizzo: Teatro Comunale Paisiello - Via Palmieri
  • Costo: Ingresso libero
  • Orario: 21.00

Il Dipartimento di Beni Culturali dell'Università del Salento reagisce all'orrore e allo sdegno per la vicenda delle ragazze nigeriane rapite dai guerrieri jihadisti con un messaggio in musica inteso a sensibilizzare l'opinione pubblica italiana e internazionale.

Lo spettacolo recupera una serie di "canzoni moresche" del Cinquecento italiano, prodotte a Napoli da umanisti e artisti locali e fiamminghi, e pubblicate con importanti apporti pugliesi, i cui protagonisti erano schiavi e liberti neri del Borno, la stessa regione nelle quali sono state rapite le ragazze nigeriane.
Gli schiavi provenienti da quella stessa regione, nel nostro Sud, cinquecento anni fa, erano trattati come figli e fratelli. Già nel Trecento, Santa Brigida ne aveva difeso a Napoli la dignità personale e morale e il diritto a essere considerati con una umanità che, perfino in un regime schiavistico, aveva molto da insegnare a tante tragedie di oggi. Durante il Quattrocento il massimo umanista napoletano e meridionale, Giovanni Pontano, e il collega Belisario Acquaviva (salentino, conte di Conversano e duca di Nardò), polemizzavano con gli intellettuali del nord - come Matteo Bandello - preferendo giustificare perfino le violenze perpetrate in Italia dagli schiavi africani contro i padroni bianchi, nell'additarle come nefaste conseguenze del maltrattamento degli schiavi, e sostenendo la legittimità sociale e morale di un rapporto interrazziale giusto e umano. E all'inizio del Cinquecento il più illustre letterato meridionale dell'epoca, Jacopo Sannazaro, amando come figli i suoi "schiavi" africani, li educava alla musica e a recitare elegie: e come tanti altri napoletani li affrancò, destinando loro parte dei suoi beni.
In questo esemplare modello meridiano di fratellanza culturale e morale, verso la metà del Cinquecento, il più grande polifonista europeo, Orlando di Lasso, arrangiava e contribuiva a diffondere in tutta Europa le moresche: deliziose canzoni interculturali i cui protagonisti africani erano ritratti liberi di circolare, suonare, cantare e amoreggiare lungo le strade di Napoli. La cattedra di Etnomusicologia dell'Università del Salento ne ha prodotto - in coproduzione con Astragali Teatro e con il patrocinio del Monte dei Paschi di Siena - una messa in scena in forma di musical che verrà presentata in anteprima mondiale il 25 maggio alle ore 21 al Teatro Paisiello (ingresso libero), ad espressione di solidarietà verso le ragazze del Borno, discendenti ideali dei protagonisti delle moresche afro-napoletane e, come loro, destinatarie di tutta la nostra solidarietà culturale e umana.
Una solidarietà che il nostro Meridione ha imparato ad esprimere, in forme sia filosofiche che artistiche, da almeno cinque secoli.

Contestualmente, il Dipartimento dei Beni Culturali dell'Università del Salento ha emesso - a cura di Flavia Frisone e Gianfranco Salvatore - il seguente comunicato:

"A metà aprile - a Chaboko, nel nord della Nigeria, nella regione del Borno - 223 bambine e ragazze dai 12 ai 16 anni sono state rapite dalla scuola in cui si trovavano. Le hanno rastrellate con violenza, portate via di notte. I guerriglieri jihadisti di Boko Haram, che hanno rivendicato l'azione, intendono venderle come schiave. Vogliono punirle perché vogliono studiare, pur essendo femmine. Vogliono ridurle alla sola cosa che consentono alle donne: braccia da fatica e oggetti di piacere sessuale.
Nell'indifferenza e nella strumentale sottovalutazione delle autorità del loro paese. Nel lungo e colpevole silenzio dei media. Nell'impotenza della comunità internazionale.
Di fronte a quest'orrore, docenti e ricercatori del Dipartimento di Beni Culturali dell'Università del Salento - uomini e donne che lavorano per la conoscenza e la formazione dei giovani, che credono nel valore della cultura e nell'immenso potere della sua circolazione - vogliono far sentire la loro voce e unirsi a quanti in tutto il mondo chiedono la restituzione delle ragazze alle loro famiglie. Ma soprattutto vogliono dire alto il loro NO a chi innalza il vessillo dell'ignoranza, della discriminazione sessuale, dell'oscurantismo. NO a chi, in nome di una delirante violenza di genere, vuole ricacciare nel silenzio e nella sopraffazione "metà del cielo" dell'Africa e del mondo".

Moresca del Sud
Musical afromediterraneo
commedia in musica
in un prologo e sette quadri
dai testi lirici delle canzoni moresche
di Orlando di Lasso e altri autori del Cinquecento

con
Jean-Baptiste Hamado Timtorè e Amina Diouf
Antonio Ancora, Roberto Chiga, Gianluca Milanese, Gloria Pisacane

Regia di Gianfranco Salvatore
prodotto da Università del Salento e Astragali Teatro

Africani in Italia. Suoni e danze africane nella
Napoli del Cinquecento. Un Rinascimento
afromediterraneo...
Non una fantasticheria, ma un
patrimonio dell'umanità. La canzone moresca
rappresenta un giacimento culturale d'immensa
portata simbolica, un manifesto di tolleranza,
simpatia, fratellanza, integrazione culturale e
razziale. Che avvia precocemente il nostro Sud,
quello di cinquecento anni fa, sul percorso
compiuto poi durante il Novecento dalla black
music occidentale di retaggio africano - blues,
jazz, soul, reggae, fino alla cultura hip hop - in
una ricezione ormai universale. Ma non si tratta
solo di una curiosità culturale d'antan.
Oggi pochissimo studiate, ancor meno
eseguite, spesso fraintese, le canzoni moresche
costituirono nel Rinascimento italiano una
sorta di appendice "nera" alla tradizione della
villanelle. Singolare stilizzazione, che pure
ci trasmette una quantità di informazioni e
vibrazioni, sentimenti e nozioni autentiche.
Rappresentavano gli africani a Napoli -
probabilmente liberti, ex schiavi a cui i
padroni avevano restituito la libertà, talvolta
gratificandoli con prebende, lasciti, eredità
- che s'ingegnavano nei mestieri a loro
tradizionalmente congeniali: artigiani del
vimini, venditori ambulanti, artisti e musicanti
di strada. In quest'ultima veste li ritraggono le
moresche, mentre amoreggiano in serenate,
bisticci, corteggiamenti e intrighi erotici con le
belle e civettuole more napoletane, mescolando
il dialetto napoletano "comicamente storpiato"
a parole e frasi in kanuri: la lingua nilosahariana
parlata nell'impero del Bornu, da cui
provenivano attraverso la tratta schiavistica
transahariana.
La storia di queste canzoni abbraccia
il sud tra Napoli e la Puglia. Si tratta di un
ciclo carnevalesco di otto brani (poi espanso
a dieci) musicati da Orlando di Lasso, la
star europea della polifonia fiamminga, a
Napoli dal 1549 al 1551 al servizio di Giovan
Battista d'Azzia, marchese della Terza - cioè
di Laterza, in Terra d'Otranto - e fondatore
dell'Accademia dei Sereni. Le versioni originali
a tre voci furono stampate a Roma nel 1555
dall'editore e musicista Antonio Barré, che
le pubblicò dedicandole a Francesco De La
Mola, identificato con Gian Francesco Carafa di
Stigliano, detentore del feudo di Mola di Bari.
Con il CBMR/Europe, centro di ricerca
dell'Università del Salento e del Columbia
College di Chicago, studiamo da alcuni
anni - assieme a un'équipe internazionale
e interdisciplinare di prestigiosi specialisti
- questo repertorio unico e straordinario di
musica, canto, passioni afromediterranee.
Nel quale si ha la prima occorrenza scritta
della lingua del più grande impero africano
dell'epoca, evidentemente compresa almeno
in parte da intellettuali e gente comune del
nostro sud; e da cui trapela non solo una
certa conoscenza di usi, costumi sociali e
tradizioni del continente nero, della cui pratica
gli schiavi da noi non venivano privati, ma
anche affermazioni ed espressioni identitarie. E
l'esistenza di una vera e propria comunità nera,
che poteva riunirsi a festeggiare in occasioni
particolari, come le nozze.
Oggi ne presentiamo a Lecce - al
Teatro Paisiello, con la collaborazione di
Astragali Teatro e il supporto del Monte
dei Paschi di Siena - un primo studio sulla
messa in scena, frutto di un seminario
della nostra operosa Università, realizzato
con studenti, studiosi, artisti e operatori
culturali attivi nel Salento, bianchi e neri.
Scegliendo in questa fase iniziale, per quello
che potrebbe diventare uno straordinario (e
autentico) "musical rinascimentale", la forma
umile e divertente della farsa napoletana e
meridionale: in una tradizione di umorismo
caldo e melodioso, che dalle commedie e
dalle villanelle del Cinquecento, attraverso
Petito e Scarpetta, i De Filippo e Nino Taranto,
e fino alle malinconie di Massimo Troisi, ha
incarnato e consolato per secoli lo spirito
meridiano.
Nella giornata delle elezioni europee
siamo felici di poter dedicare questo
monumento di cultura afromediterranea,
modello ante litteram dell'integrazione
socioculturale di Europa e Africa, a tutti gli
immigrati di colore che oggi sudano, sfruttati,
nelle campagne campane e pugliesi; alle quasi
trecento ragazzine della Nigeria settentrionale
(regione di quell'antico impero del Bornu da
cui provenivano i protagonisti delle canzoni
moresche) ignobilmente sequestrate dai
guerriglieri jihadisti in questi mesi crudeli; ai
sogni e alle speranze di un'Africa più libera
e felice, di un'Europa più consapevole, di
un'umanità bianca e nera che invoca un
mondo migliore.
Gianfranco Salvatore


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