Astràgali Teatro
Lysistrata, primo studio sull’oscenità del potere
regia di
Fabio Tolledi
In scena Lenia Gadaleta, Roberta Quarta, Serena Stifani, Francis Léonési, Fatima Sai, Antonio Palumbo, Iula Marzulli, Gaetano Fidanza, Eleonice Mastria, Manuela Mastria,
Lysistrata, recentemente presentato in alcuni dei maggiori Festival del Mediterraneo (tra cui l’Amman International Theatre Festival in Giordania) e in luoghi storicamente importanti, come il Teatro Romano di Lecce, torna a Lecce, al Paisiello dopo oltre due anni di lavoro di ricerca sul comico.
Lysistrata, liberamente tratto dall’omonima commedia di Aristofane, esplora la regione dove la questione del comico e del pre-comico s'intreccia a quella dell'osceno, ed entrambe, poi, a quella del potere, della guerra e della violenza.
Femminile è la matrice a cui viene attribuita la nascita del comico, in quell’origine lontana in cui tragedia e commedia erano ancora una nebulosa indistinta di feste rituali e danze.
Per Lysistrata, che indaga la congiunzione tra potere, oscenità e riso, Fabio Tolledi sceglie di misurarsi con il registro della commedia, attraverso una completa riscrittura del testo di Aristofane, operata insieme a Benedetta Zaccarello, filosofa e ricercatrice del Centro Nazionale di Ricerca Scientifica di Parigi.
Lysistrata è, letteralmente, “colei che scioglie gli eserciti”, la donna ateniese che pone fine alla sanguinosa guerra del Peloponneso.
Con un rovesciamento della storia, Lysistrata convince tutte le donne ad occupare l’Acropoli, indicendo il primo sciopero della storia, lo sciopero del sesso, per imporre agli uomini la deposizione delle armi. Questo spettacolo interroga la contemporaneità attraverso un intreccio matrilineare, uterino e, per Fabio Tolledi, è riappropriazione dei tempi del comico, della carnalità dell’esperienza umana, nella sua distanza dalle ‘armi di distrazione di massa’ proprie della televisione, nel suo essere costante dissacrazione
E’una trama femminile e plurale che riannoda l’urgenza dell’accoglimento dell’altro da sé. Questo lavoro pone in essere l’oscena domanda della possibilità di ridere anche della guerra, della violenza. E’risata che tutta muta, che denuda il potere, possibilità di attingere alla pluralità delle esistenze, laddove lo sguardo dello spettatore fonda continuamente il teatro e crea una relazione ineludibile con gli attori in scena.