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La straordinaria documentazione visiva del fotografo dell'equipe di Ernesto de Martino nella suggestiva cornice di Palazzo Palmieri
Anteprima della ricerca di prossima pubblicazione
accompagnata dalla proiezione degli scatti del magistrale fotografo e dagli interventi di autorevoli studiosi
Intervengono:
Giuseppe Pinna (Archivio Pinna)
Eugenio Imbriani (Docente antropologia - Univ. Salento)
Luigi Chiriatti (Kurumuny)
Sergio Torsello (Istituto Diego Carpitella)
Più in generale, oggi attribuiamo un valore imprescindibile alla documentazione visuale dei fenomeni antropologici, diversamente da quanto capitava in epoche nelle quali il medium letterario esercitava su di essi un esclusivo primato di competenza. È per questa ragione che l’esperienza di Pinna in Salento merita una considerazione tutta speciale nell’evoluzione della coscienza comune attorno ai fatti antropologici, non solo d’ambito nazionale.
Ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario della, ormai famosa, ricerca di Ernesto de Martino e la sua equipe nel Salento, per esplorare e indagare il fenomeno del tarantismo.Della spedizione faceva parte il fotografo Franco Pinna che realizzò un reportage di valore assoluto di cui solo 41 foto sono state pubblicate nelle varie edizioni della Terra del Rimorso (Il Saggiatore).
Molta della fama di FRANCO PINNA (La Maddalena/SS 1925 - Roma 1978), uno dei maggiori fotografi italiani del Novecento, è giustamente legata alle campagne di documentazione scientifica che ha svolto al seguito di Ernesto de Martino (1908-1965), probabilmente il massimo antropologo italiano del secolo scorso.
Del Tarantismo
Non era, quella di Pinna, la prima circostanza in cui il tarantismo salentino veniva ripreso fotograficamente. Fu però la prima volta che di quegli eventi ci si ripropose di fornire una rappresentazione quanto più organica e analitica possibile, nella coscienza che già alla fine degli anni Cinquanta tali manifestazioni fossero fenomeni in via di progressiva sparizione. Per perseguire questo obiettivo, Pinna si sforzò di adeguare i modi della documentazione di cronaca, da lui normalmente praticati come fotogiornalista, a una nuova funzione più disponibile alle esigenze scientifiche che la missione demartiniana, attrezzata anche per parallele registrazioni sonore, avrebbe dovuto pretendere. Il più rilevante fra i metodi adottati è quello della sequenza continua, "paracinematografico".