Intermezzo comico a 2 voci con strumenti ( 2 violini, viola, contrabbasso, clavicembalo).
Musica di
Francesco Gasparini.
Trama:
Fiammetta, giovane donna intelligente e furba, è sola e senza lavoro.
Le viene in mente che il vecchio Pancrazio ha appena licenziato il suo unico
servo e vorrebbe fare un tentativo per farsi assumere.
Facile da dirsi ma difficilissimo da riuscirci perché l’avarizia del vecchio
non ha limite, e proprio per non dover spendere vuole rimanere solo.
Fiammetta comincia con le lusinghe, secondo lei Pancrazio con i suoi sessantacinque
anni suonati è ancora piacente, non sarebbe una buona idea prendere moglie?
Neanche per sogno, le mogli mangiano bene, vogliono vestirsi bene, insomma, spendono e spandono…ma Fiammetta sa bene che il vecchio tiene nascosto nel
giardino in una cassa seimila scudi, come si può fare ad impossessarsene?
Allora, inventiamoci un bel fratello gemello, per puro caso appena tornato dalla
Francia, un ragazzo modesto, senza pretese e dalle buone maniere, Pancrazio lo
vorrebbe conoscere? Ma sì, mangia poco e lavora per pochi quattrini? Certo!
Fiammetta fa presto a trasformarsi in “Ficchetto”, giovane e volonteroso.
Tanto efficiente e bravo questo nuovo servo che a Pancrazio viene voglia di
sposare sua sorella Fiammetta che già non gli dispiaceva.
Detto, arriviamo ai fatti: Fiammetta è contenta della proposta di matrimonio ed
ha anche una bella sorpresa: non solo farebbe “guadagnare” al futuro marito una
grande cifra, perché mangia pochissimo, non beve, non ha il vizio del gioco, non
vuole vestiti lussuosi, tutto sommato, sarebbero già circa diecimila scudi all’anno
guadagnati. In più porterebbe anche una dote, ben seimila scudi…
Che meraviglia, che fortuna! Pancrazio non sta nella pelle dalla gioia, lui ha
i suoi seimila nascosti nel giardino, più altri seimila dalla futura moglie,
chiamiamo all’istante il notaio e firmiamo le carte!
Le carte sono firmate, adesso si arriverà alla consegna della dote e poi staranno
parsimoniosamente bene insieme, Fiammetta, Pancrazio e Ficchetto.
Ma quest’ultimo Fiammetta non lo vuole in casa. No, alla fine potrebbe rivelarsi un
poco di buono, chissà cosa combinerebbe, insomma, forse è già tornato in Francia?
Pare proprio di sì, è introvabile questo fratello gemello. Ma il peggio sta ancora
per arrivare: non si trovano più i seimila scudi nascosti tanto meticolosamente
nella famosa cassa in un angolo del giardino…ai ladri!!!
Fiammetta ora consola il marito stagionato che ammette pure di amare l’oro
più di lei. Perché piangere e lamentarsi? Non ha forse lei, Fiammetta, portato
in dote seimila bellissimi scudi?
Morale: Non costruire la felicità su seimila scudi sotterrati nel giardino,
perché potrebbero burlarsi di te e fare dei brutti scherzi…
(
Annemette Schlosser Bernardelli )
Angelo De Leonardis basso-baritono – Pancrazio
Il basso-baritono fasanese rappresenta ormai una garanzia assoluta nel campo della musica classica. Innumerevoli le sue prestazioni nell’ambito dei Festivals nazionali ed internazionali. Citiamo il “Ravenna Festival”, la Fondazione Gulbenkian (Lisbona) e “Florilège vocal de Tours” (Francia). Ha inciso più di 30 CD, ha tenuto concerti e spettacoli con Ugo Pagliai e Paola Gassmann, Arnoldo Foà, Pamela Villoresi, Claudia Koll e Moni Ovadia. “Le baryton Angelo De Leonardis..excelle..par la qualità du timbre…et une expressivitè sans affèterie”.
(
Th. Rigail in Classique Infodisque.com )
Deborah De Blasi mezzosoprano - Fiammetta/Ficchetto
Laureata in pedagogia con il massimo dei voti, diplomata in pianoforte a Pesaro ed in Prepolifonia al Conservatorio B. Marcello di Venezia con il Maestro Lanfranco Menga, laureata in Musica Antica presso il Conservatorio T.Schipa di Lecce. Fondatrice e direttrice di vari cori prestigiosi con ampio successo in Italia ed all’estero. Varie esperienze come attrice con dei risultati molto positivi la fanno ora calcare le scene per la prima volta anche come cantante.
Ensemble Mimus
è un gruppo strumentale composto di volta in volta secondo le esigenze della musica
da eseguire e accuratamente selezionato dal Maestro Valerio De Giorgi.
I componenti dell’Ensemble sono giovani musicisti diplomati con il massimo dei voti che si esibiscono con successo sia in Italia che all’ estero.
Valerio De Giorgi Direttore e Concertatore
pianista e compositore leccese, diplomatosi giovanissimo presso il Conservatorio “Tito Schipa” della sua città col massimo dei voti e la lode con la prof.ssa Vittoria De Donno, si è poi perfezionato con il celeberrimo pianista M° Aldo Ciccolini.
Più volte premiato in Concorsi Nazionali ed Internazionali, ha proseguito gli studi musicali diplomandosi brillantemente in Composizione, in Strumentalizzazione per banda, in Direzione di Coro e Direzione d’orchestra.
Ricopre la cattedra di pianista accompagnatore presso il Conservatorio di Musica della sua città.
Il Mimus minuscolo Musiktheater
Fondato nel 2001 dalla sua regista Annemette Schlosser Bernardelli svolge un’ampia attività nella ricerca di opere da camera sconosciute al grande pubblico. Tramite le operine completamente attrezzate con costumi e scenografia ed un approfondito lavoro scenico vuole fornire ai giovani cantanti un biglietto da visita che possa servire per farsi apprezzare come veri cantanti-attori, oggi indispensabile per affrontare un futuro nel campo della lirica.
Alcune voci dalla critica:
“ un “Filosofo” buffo e piacevole…ottima rappresentazione..finalmente, dopo tanti tentativi andati così così, uno spettacolo operistico azzeccato…ha commosso e divertito il folto pubblico convenuto…la regia era assolutamente di ottimo livello:
Ogni parola era accompagnata da un gesto appropriato…i cantanti si sono rivelati tutti dei buoni attori…il successo riscosso lascia comunque sperare che in futuro non si abbia più timore ad investire su esperimenti di questo genere…”
“Il filosofo di campagna” di B. Galuppi, Marco Valenti, Il Giornale di Sondrio
01/09/02
“…la preparazione dei giovani cantanti da parte della regista Annemette Bernardelli
è ormai una garanzia…i cantanti hanno destato entusiasmo e strappato applausi per
l’interpretazione della famosa farsetta….i costumi originalissimi e la regia di Annemette Bernardelli hanno pienamente convinto…”
“La Dirindina” di D. Scarlatti, G. Nuzzo, la Gazzetta del Mezzogiorno 23/05/03
“…la messa in scena di Annemette Bernardelli era di grande effetto teatrale, come anche la scenografia ed i bellissimi costumi…che davano un grande contributo all’ effetto ottico…i giovani interpreti hanno dato una prova notevole delle loro capacità.
Con la bellezza delle voci, la padronanza delle parti complicate e l’interpretazione vivace si è presentata una nuova leva di cantanti dal futuro pieno di buone aspettative.” “Il Misogino” di H.W. Plate, Prima mondiale a Wolfsburg (Ger)
Wolfsburger Allgemeine, 01/10/2004
“…una serata alquanto spiritosa, alquanto charmant…una truffa matrimoniale birichina e carinamente decadente…la regia di Annemette Bernardelli era tradizionale ma con poco perbenismo…capelli variopinti un po’ di Rokoko, un po’ di
flower-power ed un cast giovane, simpatico e pieno di gioia nella recitazione…tutto condito con molto sapore e pepe…”
“I due Baroni di Rocca Azzurra” di D.Cimarosa, D.G. Braunschweiger Zeitungsverlag, 08/10/2004
“…un pubblico numeroso e divertito ha decretato il successo di “Rita”… la rappresentazione..ha avuto il suo punto di forza nell’ efficace messa in scena creata dal Mimus minuscolo Musiktheater, diretto da Annemette Schlosser Bernardelli che ha curato regia e costumi…la coloratissima scena realizzata da Alessandra Polimeno
ha fatto da sfondo all’irresistibile verve dei tre giovani protagonisti, scenicamente impeccabili e forti di un singolare affiatamento….il tessuto sonoro è stato imbastito con cura e con la giusta leggerezza da un valido Ensemble da camera diretto da Valerio De Giorgi…”
“Rita” di G. Donizetti, Fernando Greco “Il Gallo” 08/09/2005
FRANCESCO GASPARINI E “IL TEATRO ALLA MODA”
di
Fernando Greco
• La nascita dell’Intermezzo.
“Parti buffe pretenderanno l’onorario eguale alle prime parti serie e tanto più se nel cantare si servissero d’intonazioni, trilli, cadenze da parte seria … Faranno per ogni paese gl’intermezzi pretendendo, con gran ragione, che i cembalisti siano accordati a comodo loro. Se qualche intermezzo non avesse applauso, avvertano di dar sempre colpa al paese, che non l’intende”. Nel gustoso volume Il Teatro alla moda, pubblicato nel 1720, Benedetto Marcello si concentra nello stigmatizzare usi e costumi del teatro d’opera, prendendo di mira aspetti ben determinati del fare musica al suo tempo. Non risparmiando dunque gli esecutori di Intermezzi, Marcello storicizza, ancor prima del massimo sviluppo di tale forma, una prassi musicale nata agli albori del Settecento. Gli Intermezzi erano brevi rappresentazioni, in genere di argomento farsesco, inserite fra un atto e l’altro di uno spettacolo drammatico per occuparne l’intervallo. Il fortunato sviluppo e l’immediata comunicativa di tale genere operistico raggiunge l’apice di gloria, a Napoli nel 1733, con la rappresentazione de La Serva Padrona di Pergolesi presso il Teatro San Bartolomeo. Modellata ad arte su libretto di Gennaro Antonio Federico, fu composta come intermezzo all’opera seria Il prigionier superbo dello stesso Pergolesi, destinata a non raggiungere neppure lontanamente la fama de La Serva Padrona. Il resto è storia nota. La popolarità di Pergolesi si allargò a macchia d’olio, acquisendo rapidamente quel respiro europeo che, nel 1752 a Parigi, lo mise al centro della storica Querelle des Buffons fra i sostenitori della tradizione italiana rappresentata da Piccinni e la ventata di riforma nutrita dallo spirito polemico di Gluck.
• Francesco Gasparini e il suo tempo.
Effettuate le dovute premesse, occorre fare qualche passo indietro e, per dirla con Dulcamara, “quel che non sapete né potreste saper” va ricercato in personalità minori, ma fondamentali per lo sviluppo storico-formale del genere dell’intermezzo. I più recenti studi musicologici hanno di gran lunga ridimensionato l’importanza di Pergolesi nei confronti dei più meritevoli Vinci, Leo e Hasse, riportando alla luce una vera e propria miniera sconosciuta, ovvero la copiosa produzione musicale di Francesco Gasparini (1661-1727). Secondo di cinque figli, studiò a Roma con Bernardo Pasquini e Arcangelo Corelli. Trasferitosi ben presto a Venezia, Gasparini incontrò i più grandi compositori presenti all’epoca nella città lagunare, da Alessandro Scarlatti a Giovanni Legrenzi e ancora Antonio Lotti, Carlo Francesco Pollarolo e Antonio Vivaldi, del quale era collega presso l’Ospedale della Pietà. Considerato come uno dei migliori compositori del suo tempo, si dedicò fin da subito al melodramma e fino al 1713 scrisse ventiquattro opere, soprattutto per il Teatro Tron di San Cassiano. Ricostruito sulle rovine di un precedente edificio teatrale e inaugurato nel 1637, il Teatro San Cassiano è degno di nota perché fu il primo teatro d’opera pubblico del mondo. L’edificio, che prende il nome dal quartiere in cui era situato, la Parrocchia di San Cassiano in prossimità di Rialto, era di proprietà della famiglia Tron e fu definito “pubblico” perché per la prima volta era gestito da un impresario che organizzava spettacoli per un pubblico pagante piuttosto che esclusivamente per i nobili. A seguito della lunga esperienza veneziana, Gasparini decise di tornare nei luoghi della giovinezza. Durante il tragitto sostò in varie città italiane per mettere in scena i propri lavori teatrali e arrivato a Roma entrò dapprima al servizio del marchese Francesco Maria Ruspoli, subentrando ad Antonio Caldara, successivamente fu a servizio della famiglia Borghese ed infine, dal 1725 fino alla morte, fu operativo come direttore della Cappella di San Giovanni in Laterano. Peraltro fu maestro di Benedetto Marcello.
• Il Vecchio Avaro: agli albori dell’Opera Buffa.
Nell’arco della sua lunga carriera, Gasparini compose circa sessanta lavori per il teatro d’opera, per lo più drammi dal tono altisonante come Olimpia Vendicata (1686), La costanza nell’Amor Divino (1695), Gli Imenei stabiliti dal caso (1702), La Ninfa d’Apollo (1710) e il più grande successo, Ambleto (1706) su libretto di Zeno, variante dell’Amleto di Shakespeare. Tuttavia, il Gasparini non disdegnò di comporre su una forma tanto popolare quanto redditizia come quella dell’intermezzo, presentando nel 1720, a Firenze, Il vecchio avaro. L’immediata freschezza comunicativa della musica mista alla spontaneità del libretto di Antonio Salvi, decretò uno dei massimi successi per Gasparini, che utilizzò abilmente le sfumature caratteristiche della vena farsesca servendosi di ogni mezzo formale. All’idealizzata astrattezza dei personaggi metastasiani, Il vecchio avaro oppose personaggi reali, concreti, protagonisti di vicende assai più vicine alla vita quotidiana, contrappose al virtuosismo vocale imperante dei castrati la nascita di nuovi tipi vocali, i cosiddetti “buffi” o “brillanti”, snodando sul palcoscenico uno spettacolo dinamico e graffiante, incalzato da un ritmo sempre vivace. Come in numerosi esempi coevi, resta immutata la prassi di affidare a due parti solistiche l’intero svolgimento dell’azione: un ruolo femminile, generalmente di umili origini, che con scaltra maestria riesce a raggiungere l’alto scopo prefissato e un personaggio maschile, di solito attempato e danaroso, segnato dalla sorte quale destinatario di una gustosa burletta. Storicamente, l’affacciarsi dell’Intermezzo sui palcoscenici più disparati venne valutato come un fenomeno passeggero, di facile e breve consumo, destinato a non durare; tuttavia, l’ampliarsi della struttura formale, pur conservando l’originale freschezza e l’inconfondibile comunicativa, avrebbe determinato in maniera diretta la nascita dell’Opera Buffa, di argomento goliardico, ora in netta contrapposizione all’Opera Seria per storia, progresso ed affermazione propria, concernente determinate caratteristiche musicali e testuali, destinata alla gloriosa stagione siglata dalla Scuola Napoletana e portata ai massimi livelli dal genio del pesarese Gioachino Rossini.