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Località: Lecce
Percorrendo le strade del centro storico, si rimane abbagliati quando, dallo stretto varco fra Piazzetta Ricciardi e Via Umberto I, si giunge dinanzi al prospetto della Basilica di Santa Croce che, con l’attiguo (ex) Convento dei Celestini, costituisce uno dei più suggestivi spettacoli della Lecce Barocca, per la spettacolarità dei decori in pietra che coprono la monumentale facciata.
La Basilica ed il Convento furono iniziati nel 1549 da Gabriele Ricciardi per committenza dei Padri Celestini. Nascevano sui resti di una preesistente Chiesa con annesso Convento , voluto per lo stesso ordine monastico nel 1353 da Gualtieri VI di Brienne, duca di Atene e Conte di Lecce, ma lasciato incompiuto a causa della sua morte avvenuta tre anni dopo.
La nuova chiesa conservava dell’antica solo il titolo di Santa Croce perché lo Stemma dell’Ordine dei Celestini, come si può ammirare sul ricco fastigio alla sommità della struttura, incorporava una Croce, simbolo del trionfo della Chiesa.
Al Ricciardi si devono l’assetto generale della Basilica, la parte inferiore della facciata e la struttura degli interni.
Ben leggibili per lo stile secentesco, ma armonicamente fusi, i successivi interventi di Francesco Antonio Zimbalo nel portale con doppia coppia di colonne e nei portali laterali; di Cesare Penna nella parte superiore della facciata e nello stupendo rosone vicino al quale è scolpita la data fine-lavori del 1646; di Giuseppe Zimbalo detto lo Zingarello nel fastigio a volute che mirabilmente completa in alto la facciata.
Il primo ordine, completato nel 1582, è diviso in cinque parti percorse in alto da una sequenza di archetti pensili, compresi fra sei colonne a fusto liscio che reggono la trabeazione. Ma è il secondo ordine il più ricco di decori, retto com’è da una balaustra aggettante, ornata di tredici putti abbracciati ai simboli del potere temporale e spirituale della Chiesa, sostenuta da telamoni, leoni, draghi e grifi. Al centro il grande rosone, di ispirazione romanica, arricchito tutt’intorno da una cornice di elaborate fantasie barocche. E poi le quattro colonne, il fregio, le due nicchie con statue. Tutto ciò rende il prospetto della basilica un esempio di ricchezza e di armonia unico nel suo genere, suprema sintesi del barocco leccese.
L’interno della Basilica, dovuto al Ricciardi, ha un impianto a croce latina con tre navate; altre due navate laterali furono riassorbite nelle 17 cappelle del XVIII secolo. Serene forme classiche cinquecentesche, ispirate al Brunelleschi, nel corso dei due secoli successivi si arricchirono dei decori di pietra dei nostri anonimi e superbi scalpellini, perché l’interno fosse in linea con la mirabolante fantasia figurativa della facciata. Ed ecco che anche fra le navate fioriscono rosoni, cespi d’acanto, festoni d’alloro, insoliti capitelli, ricchissime cappelle ed elaborati altari fra i quali spicca, nella cappella a sinistra del presbiterio, quello di S. Francesco di Paola, con dodici storie narranti la vita del Santo, capolavoro di F. A. Zimbalo, realizzato nel 1614 e l’Altare della Croce, scolpito da Cesare Penna fra il 1637 ed il ’39, concepito come l’ingresso di un edificio, sovrastato da una loggetta balaustrata.
Il Convento dei Celestini, oggi sede della Prefettura e di una parte degli Uffici della Provincia,
vede il Ricciardi come autore del suo impianto esterno e del disegno del cinquecentesco cortile. E’, però, Giuseppe Zimbalo il vero progettista del prospetto, tutto finestre, distribuite su due piani e serrate da lisce lesene, con cornici simili a cartegloria o a specchiere appese alle pareti.
Il passaggio tra il primo ed il secondo ordine sembra aver subito un processo di alleggerimento e di raffinamento delle forme, dovuti a differenza di epoca (tra la metà e la fine del ‘600), di progettisti (Giuseppe Zimbalo per la parte inferiore , Giuseppe Cino per quella superiore) e forse ad un trapasso degli stili, dal barocco alle prime avvisaglie rococò.
Nonostante la molteplicità di progettisti, di epoche e di stili, Santa Croce ed i Celestini costituiscono, tuttavia, un unicum armoniosamente spettacolare, reso irripetibile dalle caratteristiche della calda e dorata pietra locale che in mano agli abilissimi scalpellini diveniva duttile ad ogni intaglio, ad ogni arabesco, ad ogni voluta.
Luciana Pisanello per Salentonline
Questo monumento è presente nell'itinerario: Lecce Centro Storico