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Teatro "Il Ducale" Stagione Teatrale 2015-2016
Mostro, Caligola. Mostro per aver troppo amato. È colpa mia.
È ridicolo pensare che l'amore possa rispondere all'amore.
La gente ci muore intorno, tutto qui.
Questo mondo così com'è non è sopportabile.
Gli uomini muoiono e non sono felici.
L'energia di Caligola è innanzitutto potenza immaginifica della mente. Il suo potere asseconda l'immaginazione e si esalta nell'eloquenza. Identica crudeltà nel vigore infiammato della sua parola: eadem factorum dictorumque saevitia, gli attribuiva Svetonio.
Stretto è il rapporto tra poesia e follia. Prima che sui crimini Caligola 'regna' sui suoi discorsi, vividi e assoluti. Flussi e riflussi in un moto perpetuo, creazioni sublimi davanti a uno specchio legittimante.
Nella rappresentazione di Salvatore Della Villa la follia di Caligola è austera, mai dissociata o isterica. In scena un delirio senza furia o esplosione di gesti, reso unicamente attraverso la grande forza espressiva del testo. L'interpretazione rigorosa e asciutta della scrittura teatrale di Camus è l'humus generativa delle fitte tonalità emotive del personaggio, instabile ed estremo eppure lucidamente connesso alla realtà.
La vis poetica, teatralizzata ad arte, stempera la ferocia dei fatti, accordando una certa naturalezza all'artefice delle peggiori violenze. E l'azione prende corpo da un eloquio potente, fondamentalmente solipsistico anche quando l'imperatore dialoga con Cesonia o con i senatori. La più brutale delle macchinazioni ha sempre, infatti, una maggiore origine: un superiore archetipico piano di coerenza poetica pura. Ab origine, dunque, non c'è limite alla crudeltà. Ogni atto, ogni assurdo diventa possibile, che sia blandito o disonorato dalle parole.Caligola è la tragedia dell'uomo che si ripete nel tempo. L'imperatore della dinastia Giulio - Claudia che, dopo la morte di Drusilla, sorella e amante allo stesso tempo, ritorna ai suoi doveri di principe, favorendo e gestendo un governo, non equilibrato e fondato sul consenso del senato e dell'opinione pubblica ma, caratterizzato da un'esasperata autocrazia. Nulla poteva avere più senso dopo quella morte, dopo l'abbandono prematuro della sua amata, grazie alla quale poteva sottrarsi 'ai clamori del mondo e all'infernale tormento dell'odio'.
Tutto ciò che gli resta adesso è il futile potere che segnerà il suo destino. Conosce così il sentimento dell'orrore e dell'inerzia di vivere. E della spietatezza. Coltiva il culto imperiale in maniera maniacale, inasprendo i rapporti con le altre classi aristocratiche da lui stesso disprezzate, le quali però saranno le artefici della sua morte.
Caligola è l'uomo allo specchio, spogliato di tutti i valori, in contrasto con la sua stessa vita. Supera i limiti di se stesso per ricercare il senso della sua esistenza. Consapevole d'esser colpevole, consapevole di quel disprezzo con cui ha alimentato il suo governo, organizza e attua lo spettacolo vivente delle sue pene amare.